FUTURO ANTERIORE – Le arti della ceramica 2013
Novembre 24, 2019Cattedrale ex-Macello Padova 2013, 29 settembre – 27 ottobre 2013
a cura di Mara Ruzza
catalogo a cura di Mara Ruzza – Editrice CLEUP Padova
Con il contributo del Comune di Padova, Assessorato alla Cultura
La ceramica contemporanea con Futuro Anteriore riflette sull’esperienza del tempo, si interroga e risponde su cosa significa pensare il futuro oggi, in una società dove l’ideologia del presente sembra imporsi.
La crisi della modernità e della post-modernità, il postumanesimo e le teorie della catastrofe elaborate dall’epoca e dalla cultura nelle quali viviamo, non producono la fine della storia ma indicano una diversa percezione della temporalità.
L’accelerazione dei cambiamenti e le profonde trasformazioni tecnologiche e scientifiche degli ultimi decenni hanno sviluppato una esperienza di simultaneità che sta alla base del nostro paradigma temporale: la complessità e la velocità di cambiamento delle società rendono difficile immaginare il futuro se non in una progettualità a breve termine, l’esperienza tende sempre più ad esaurirsi nel presente che viene ad assumere una fisionomia “allargata” che ingloba passato e futuro.
Eventi collaterali
Anche la creazione artistica contemporanea è antenna sensibile di questo sentire e la ceramica in esposizione propone di pensare il futuro con una modalità diversa, non solamente come novità nella realtà, ma come evento che riesce a scardinare l’idea di presente dilatato ritrovando continuità tra passato e futuro.
L’evento, come dimensione del tempo e del mutamento, delinea una concezione del mondo dinamica che comporta il rischio di una rottura, una lacerazione irreversibile con il passato e un’intrusione irrimediabile del nuovo; le catastrofi, cambiamenti di stato violenti, repentini e irreversibili, possono far crollare un sistema nel caos al fine di dar vita a un altro ordine.
All’interno di queste suggestioni si collocano le installazioni degli artisti in mostra che pur seguendo differenti percorsi poetici ed espressivi immaginano un futuro non ancora avvenuto, non delineando modelli utopici lontani dal reale, ma amplificando e rendendo tangibili le tendenze anche negative operanti nella società attuale al fine di evidenziarne lo stato di fatto e i pericoli.
L’installazione di Maria Cristina Carlini delinea una catastrofe naturale per portare il grido della terra, materia base della vita e delle civiltà, che sfidata si riappropria con forza dei propri spazi dove l’intelligenza umana sembra non servire più. Ritroviamo il tema della natura che torna ad appropriarsi di ciò che le è stato tolto nella leggerezza dei frammenti di Annalisa Guerri, dove vengono evidenziati il lavoro incessante del tempo che crea rovine e stratificazioni, alludendo a molteplici passati.
Troviamo ancora la riflessione sulla fragilità delle cose nel tempo nell’installazione di Roberto Cambi che riflette sulla caducità e fissa l’attenzione all’assenza del corpo, materia inerte e fragile, e quindi alla morte, “catastrofe“ naturale raffigurazione della più atavica paura umana, ma facente parte del ciclo della vita di cui l’acqua è brodo primordiale.
L’interesse per la trasformazione ciclica delle cose è comune a Marino Ficola che nella ricerca di scomposizione e ricomposizione di frammenti materici parla di vita e morte non come opposti ma come ciclo di rinascita.
I frammenti di Marie-Josée Comello sono reperti, connotazione estetica del suo lavoro è l’archivio, analisi del passato e ricerca del futuro. Martha Pachón Rodríguez espone regali vesti che sembrano ricomposte per un museo nel futuro anteriore, ricci e semi, racchiusi a proteggere la speranza del futuro.
Le radici di Mara Ruzza riportano tracce di una organicità arcaica, fossilizzate concrezioni che si presentano come ossa della terra e riconducono all’idea di un corpo svuotato dalla materia, pensiero “radicale” che va proprio alla radice delle cose, “fino all’osso”, all’interno di noi stessi. Le forme primordiali di Lorenzo Cianchi, piccoli organismi viscerali che sembrano uscire da zone d’ombra, scardinano il linguaggio dell’abitudine e della tecnica.
Alfredo Gioventù coglie processi del tempo nei sassi levigati dal mare che hanno subito profonde trasformazioni, attraversato innumerevoli “catastrofi” per arrivare alle forme, ai segni e alle concrezioni che li contraddistinguono e che raccontano storie e miti ricordandoci ritmi, valori ed etiche più in armonia con la natura.
Terry Davies struttura la superficie delle sue ceramiche evocando segni del tempo, mondi antichi e contemporanei in equilibrio armonico.
Dalle opere di Sara Dario e Laura Scopa emerge una società vuota, disintegrata, dove ad essere frammento è la memoria, traccia del reale e del quotidiano da cui partire per costruire microcosmi. Francesco Ardini alla presenza rassicurante di oggetti quotidiani che sembrano perpetuare il divenire affianca il virtuale, dove l’elemento formale galleggia in un etere elettronico che non ha dimensioni spaziali, inscritto nella sola temporalità di una visione istantanea.
Gli artisti sono testimoni del nostro rapporto con il tempo e in particolare con il passato e il futuro, ma soprattutto antenne sensibili a cogliere le caratteristiche e i sintomi di questa epoca che sa distruggere e lo fa in modo massiccio e diffuso. E’ significativo che per restituire il tempo gli artisti in esposizione per lo più si siano rivolti al futuro anteriore e ad una distopia, (M. Augé) un disastro che avrà costretto l’essere umano ad abbandonare i luoghi e che sembra necessario rappresentare in anticipo per poterne essere testimonianza.
Testo di Mara Ruzza dal catalogo della mostra FUTURO ANTERIORE Le arti della ceramica, edizioni CLEUP, Padova 2013